Cirò e Soppressata, la mia madelaine

L’articoletto fa parte delle mie pagine Flaneur: ci si trovano alcuni dei libri che ho letto, dei dischi che ho amato, dei cibi, dei vini, dei luoghi che mi piacciono: nessuno mi paga né mi regala nulla per farlo, è solo qualcosa che, come dice il marchietto mutuato dalla dedica della vecchia e oramai da tempo venduta casa di famiglia, ho scelto per me e per i miei amici preferiti.


La mia famiglia, dalla parte della nonna paterna, ha alle spalle qualche secolo di produzione di vino e olio, in Calabria, esattamente a Davoli (CZ).

Guido Silipo, sibi et selectis amicis, elexit.

In realtà abbiamo smesso negli anni 90 del secolo scorso di farne, perché nessuno di noi poteva occuparsene e perché “il segreto” per cui mia nonna si chiudeva a discutere col mosto nel palmento è purtroppo andato via con lei.

Mi è rimasta nelle papille la memoria di quel gaglioppo vinificato in purezza, rosé perché mia nonna non amava lasciare troppo le vinacce a macerare, che forse era buonissimo davvero e forse no, ma che nella mia mente scatena ricordi e sensazioni di delizie e meraviglie senza pari di quando, ragazzino, mi lasciavano assaggiare appena un dito di quel nettare forte e dal sapore così caldo.

E sono pronto per un salto indietro nella memoria da far impallidire Proust (d’altra parte una madeleine, per quanto buona, non potrebbe stare al passo neanche per un momento), se a questo si associa il ricordo del sapore della

soppressate di Gualtiero Procopio
soppressata “di casa”, quella che ci portavano gli amatissimi amici Maria e Pasquale, quella di Mosè e Marantona (credo Maria Antonia, ma non l’ho mai veramente saputo) e della loro meravigliosa famiglia.

Da quella famiglia ancora mi capita di assaggiarne di formidabili, realizzate dalla figlia Franca, dal nipote Pino, mio compagno di giochi da sempre, dagli altri discendenti, fra cui molti formidabili cuochi e ristoratori.

La soppressata è la Rolls-Royce dei salumi nostrani: nel passato, a causa delle temperature poco adatte, non era possibile ottenere prosciutti ben stagionati, così le parti più nobili della coscia del maiale erano utilizzate per creare quell’impasto delizioso, speziato e piccante, a pezzi tagliati al coltello, che tutti conoscete.

Fra le soppressate acquistabili, il maestro assoluto dell’arte del loro confezionamento è un altro caro amico che conosco dall’infanzia: Gualtiero Procopio.

Lui e il fratello Mimmo, oggi purtroppo scomparso, hanno iniziato giovanissimi come garzoni di bottega, imparando davvero tutto ciò che si deve sapere sulle carni e il loro trattamento. Poi Mimmo aprì la macelleria a Davoli Marina e Gualtiero a Davoli Superiore (dove era anche un valente musicista nella banda cittadina) ambedue servendo carni perfettamente tagliate di allevatori locali e creando delizie inarrivabili nel campo della salumeria (Macelleria di Gualtiero Procopio).

La mia sorpresa è stata grande quando, insieme a una meravigliosa soppressata di Gualtiero ho stappato una bottiglia del Cirò Rosato prodotto dai fratelli Cerminara, fra i più interessanti esponenti della “Cirò Revolution“, per l’appunto a Cirò in provincia di Crotone (Cerminara Vini): devo ammettere una certa


commozione nel ritrovarmi ragazzino con quei sapori e con quelle sensazioni.

La differenza, rispetto al vino della nonna (che comunque credo fosse buono per davvero, anche senza l’amore a far velo) è che stavolta lo so, le mie papille sono più mature ed “educate” a dovere: quel vino è proprio buono e con quella soppressata mi rende felicissimo.

Per questo ho scelto la soppressata di Gualtiero e i vini dei Cerminara per me e per i miei amici più cari:

Guido Silipo, sibi et selectis amicis, elexit.