Marco Schiavo, maestro della grappa

L’articoletto fa parte delle mie pagine Flaneur: ci si trovano alcuni dei libri che ho letto, dei dischi che ho amato, dei cibi, dei vini, dei luoghi che mi piacciono: nessuno mi paga né mi regala nulla per farlo, è solo qualcosa che, come dice il marchietto mutuato dalla dedica della vecchia e oramai da tempo venduta casa di famiglia, ho scelto per me e per i miei amici preferiti.


Un’altra

eccellenza con cui ho la fortuna di essere entrato in contatto: la Grappa Schiavo.

Da quando la grappa è diventata “nobile” e amata anche all’estero, sono migliaia le distillerie che si sono cimentate, talvolta con risultati anche interessanti, anche senza sapienze pregresse.

La Grappa Schiavo è questione diversa, parliamo di una famiglia che ha cominciato a produrre grappa dal 1669 a Costabissara (prima provincia, oggi praticamente un sobborgo di Vicenza), trasferendo saperi e esperienze di padre in figlio, da allora.

Può darsi che abbiate visto la distilleria, perché è stata utilizzata come location in una fiction della RAI intitolata “di

la distilleria Schiavo
Padre in Figlia”, qualche anno fa: un edificio pieno di fascino, credo fra i più antichi della Costa (come chiamiamo Costabissara noi abituée).

La prima grappa Schiavo che ho assaggiato, nel 1984, era popolare, una roba da bere al bar o da usare per correggere il caffè, ma già pronta per giocare in un campionato diverso: profumata, di gusto raffinato, rotonda, prima ancora di assumere una identità e di chiamarsi “la Quaranta” era un prodotto fantastico.

La produceva un cugino di mia moglie, Giuseppe “Beppe” Schiavo, una delle persone più gentili che abbia mai conosciuto, e la assaggiai per la prima volta in coda a un meraviglioso pasto a base di Bigoli con l‘Anatra che aveva attentato alla mia giovanile corporatura da atleta nel ristorante di Romeo Benetti, che credo fosse cugino, oltre che omonimo, del terribilissimo terzino, ma caratterizzato da grande bonomia sin dall’aspetto e titolare di una locanda meta dei gourmet più avveduti, oggi gestita dalla moglie Giannina e dai figli Fabio e Federico.

Quell’assaggio è stato l’inizio di un amore che ancora oggi non smette.

Nel frattempo Beppe ci ha purtroppo improvvisamente lasciati e il suo posto alla guida dell’azienda e della distilleria è stato preso dall’allora giovanissimo figlio Marco.

Marco, che è dotato di non comune genio imprenditoriale unito a un contagioso entusiasmo e a una simpatia clamorosa, ha inventato una quantità di grappe diverse, monovitigno, blended, ricette originali e tradizioni di famiglia rivisitate (impossibile non citare la sua Òniro, splendido fine cena che i miei ospiti hanno conosciuto e amato con grande trasporto, ma anche El Cào, la Old’S, laProibita…), liquori da cocktail, almeno un bitter straordinario (Gagliardo, poi Gajardo) e tanto altro.

Produce anche deliziosi prosecchi, nella zona di Valdobbiadene: un brut già molto buono e un extra dry di quelli che, se ci fai un aperitivo, ne bevi un secchio senza rendertene conto, da quanto è delizioso.

Per questo ho scelto la Grappa Schiavo per me e per i miei amici più cari:

Guido Silipo, sibi et selectis amicis, elexit.